“To! To! Tooo!” Il richiamo di Marika si diffonde nella piana, senza incontrare ostacoli, fino al confine tra i suoi pascoli e la macchia, che segna il limite estremo del Parco Regionale della Maremma. Da lì il bosco s’inerpica sul declivio arrotondato delle colline, su su fino alla sommità, dove s’intravedono i resti dell’abbazia di San Rabano. Poi oltre, discende sull’altro versante per sfumare nella sabbia. Dopo c’è solo il mare.
“To! To! Tooo!” Marika ripete il richiamo che le ha insegnato sua nonna, e nel farlo spalanca la bocca ed urla, lasciando intravedere il luccichio d’un piercing ed i suoi 24 anni.
Lei, sua nonna Marisa e la madre Gitana vivono e lavorano qui, nell’azienda di famiglia che sorge sulla frontiera che divide una natura inviolata da tutto il resto. Come tutte le frontiere anche qui s’incontrano due mondi e si contaminano: di giorno i turisti visitano il piccolo caseificio di famiglia e la notte i lupi escono dal bosco per lambire il ricovero notturno del gregge, dove trovano Ares, Athena e Kronos a fare la guardia.
“Sono qui perché ho un legame profondo con la mia famiglia. Lo so, mi sono messa un bel peso sulle spalle, ma questo è ciò che voglio fare.
Quando mio nonno è venuto a mancare ho interrotto gli studi per aiutare qui in azienda.
No, non mi vedo altrove.
Al pascolo sono sola, posso dedicarmi ai miei pensieri e nonostante la fatica sono libera e in pace. Non conosco turni di lavoro e non ho un capo. Qui rispettiamo solo i cicli della terra.”
Marika s’interrompe per ripetere il suo richiamo, e stavolta il gregge, lentamente, si avvia verso di lei.
“Il lupo? Per noi che viviamo del nostro latte è un problema, ma ci difendiamo come possiamo. Secondo la legge.
Con sacrificio abbiamo cambiato il nostro modo di fare allevamento e la notte non dormiamo più molto tranquilli.
Non si può fare altro, qui sappiamo che un lupo è un lupo.”